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I ceci di San Nicola

La festa di San Nicola a Spadola, in provincia di Vibo Valentia, ha una doppia data, la prima domenica di agosto e il 6 dicembre, ed è il momento per gustare i cibi rituali che gli abitanti del luogo preparano. Durante la novena della prima domenica di agosto si possono mangiare i ceci di San Nicola, preparati secondo gli usi di una cucina semplice, ma che non rinuncia ad insaporire le vivande. I ceci si consumano bolliti, conditi a crudo con olio extra-vergine di oliva e arricchiti col peperoncino piccante. Si mangiano in pubblico, nella piazza del paese, dove viene allestita una grande tavolata e dove vengono distribuiti dai devoti del santo. La processione di San Nicola è legata al rituale della vaccaredha, con la cottura di pani di grano a forma di vacca, benedetti dal sacerdote e distribuiti ai fedeli che si affacciano dalle case per attendere il passaggio della statua del santo. La tradizione gastronomica si collega all’usanza folklorica di far aprire la processione di San Nicola dai massari, che trascinavano mediante una corda le vacche, precedentemente benedette, con l’immaginetta del santo posta tra le corna. Proprio per questo quella di San Nicola era detta la festa dei massari. Nella ricorrenza del 6 dicembre viene conservato il rito della distribuzione del cibo, ma i ceci sono sostituiti dal granone. La pietanza si prepara col granturco, essiccato al sole durante l’estate, che viene bollito, condito con olio extra-vergine di oliva e offerto durante la processione. Dei riti che si svolgevano durante il periodo della festa di San Nicola abbiamo una bella testimonianza letteraria di Domenico Zappone: «Gli abitanti di Spadola – scrive Zappone – un grazioso paesino sull’altopiano delle Serre, hanno sempre ringraziato il cielo per l’abbondanza dei raccolti, fabbricando grandi pupazzi di paglia di grano – i santoni – oppure innalzando alte croci, pur esse della stessa paglia. Alla fine di luglio, quando il primo rintocco della campana del vespero annunzia l’inizio della novena al patrono, che è San Nicola Vescovo, come annotta, santoni e croci vengono bruciati sulle aie o al centro dei campi gialli di stoppie: naturalmente più grosso è il santone o più alta è la croce, più ricco è stato il raccolto e più vivo il sentimento di gratitudine espresso dalle fiamme. E mentre centinaia di fuochi illuminano la notte d’estate, gli anziani, attorno ad essi, sollevano il bicchiere e i ragazzini, vorticando, inneggiano al Santo delle messi» (Domenico Zappone, I fuochi di San Nicola, in ID., Calabria nostra, Milano, Bietti, 1969, p. 178).

Di Tonino Ceravolo, Storico, saggista