Un relatore della Statistica Murattiana ci informa che nel 1764 la Calabria Citeriore era stata colpita da una terribile penuria di grano: «Nell’anno di cui si parla ricorse il popolo a de’ lupine per far pane, alle cicorie, al finocchio selvatico, e ad altre erbe che la natura provvida donò in
quell’anno a larga mano. La primaria delle derrate cereali comparve nella fine di gennaio e nella fine di marzo una vegetazione precoce somministrava alla squallida indigenza una raccolta di fave poco ordinaria. Fu questi l’alimento ordinario di quell’epoca fino a che i grani non vennero trasportati dalle Puglie».
Un notaio di Aiello, racconta di una grave carestia verificatasi nel 1798 in occasione della quale «tutti gli individui di Aiello e Casale di Terrati tentarono nei principi di marzo, di provedersi in nuovi luoghi, e specialmente nell’altra provincia di Calabria Ultra, ma essendovi ivi impedito il commercio per li grandi assassini che vi si commetterono sono stati costretti ad assaggiar la fame (…) moltissimi individui di Aiello e Terrati si sono totalmente estenuati dalla fame, che sono arrivati a vivere, con far uso delli fiori delle fichi crude».
Giovanni Sole, antropologo