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Pane al pane

Il pane è, per certo l’alimento in assoluto più gravido di simboli perché derivato principalmente dal frumento, secondo Detienne «il più umanizzato di tutti i frutti della terra»; anche se, come sostiene Fabre: «la storia celebra i campi di battaglia dove incontriamo la morte, ma sdegna di parlare di campi arati dei quali viviamo; su i nomi dei bastardi di re,ma non può dirci l’origine del grano. Queste sono le vie dell’umana pazzia». Ai fini della panificazione sono state,tuttavia, utilizzate le sostanze più diverse, secondo le disponibilità e le epoche storiche, non escluse alcune allucinogene Diversi gli angoli visuali di inquadramento del prodotto più diffuso e indispensabile ai fini della sopravvivenza di quasi tutti i popoli, in particolare di quelli gravitanti sul bacino del Mediterraneo: nutrizionale, archeologico, storico, sociale, economico, giuridico, filosofico, antropologico-culturale, psicologico, psicoanalitico, sacrale, magico-terapeutico, letterario, linguistico, ecc.

Utile la sua considerazione anche a fini psicologici se è vero, come scrive Marx, che «Si conosce un Paese solo quando si è mangiato il suo pane e bevuto il suo vino». Ampiamente diffusa è la tesi egizia dell’origine della panificazione e del lievito, risalente a circa 18 secoli prima dell’era cristiana nonché dei primi mulini e del setaccio. In virtù dei contatti stretti con gli Egiziani, la cultura del pane era filtrata anche in altri popoli, come l’ebraico. Lo attesta una serie di passi biblici e quando si parla dell’istituzione della Pasqua, si fa specifico riferimento all’obbligo di consumare pane azzimo, conoscendosi, quindi, l’uso del lievito, sia durante la fuga dall’Egitto che in occasione della sua ricorrenza annuale.

Per questo «Il popolo portò via la sua pasta prima che fosse lievitata; avvolse le sue madie ne’ suoi vestiti e se li mise sulle spalle» (Es. 12-34); per questo gli israeliti cossero durante il viaggio «la pasta che avevano portato dall’Egitto e ne fecero delle focacce azzime; poiché, la pasta non era lievitata essendo essi stati cacciati […] senza poter rinunciare e senza potersi prendere provvisioni di sorta».

Diversa la tesi sostenuta da alcuni, come Erodoto, che nelle Storie parla di un’origine più antica e leggendaria. «Prima che Psammetico regnasse su di loro, gli Egiziani si ritenevano i più antichi di tutti gli uomini.Ma da quando Psammetico, divenuto re, volle sapere chi fossero i più antichi, da allora ritengono che i Frigi siano più antichi di loro e loro più antichi degli altri. Poiché Psammetico, pur facendo ricerche, non riusciva a scoprire nessun mezzo per sapere chi fossero i più antichi tra gli uomini, escogitò questo espediente: diede ad un pastore due neonati, di gente presa a caso: doveva portarli presso il suo gregge ed allevarli lì nel modo seguente: con l’ordine che davanti a loro nessuno pronunziasse mai una parola: che se ne stessero da soli in una capanna isolata: che al momento giusto il pastore portasse loro le capre, li saziasse di latte e si occupasse del resto.

Psammetico fece e ordinò così volendo ascoltare quale parola avrebbero emessa per prima, una volta abbandonati i confusi balbettii. E questo avvenne. Infatti, quando furono passati due anni che il pastore si comportava così, mentre apriva la porta ed entrava, entrambi i bambini gli si gettarono ai piedi e pronunciarono bekos tendendo le mani. La prima volta che sentì questa parola, il pastore stette zitto: ma poiché spesso, quando andava e si occupava di loro, la parola ricorreva frequente, lo rivelò al padrone, e su ordine del padrone, portò i bambini al suo cospetto. Ascoltatatili anch’egli, Psammetico fece ricerche su quali uomini chiamassero qualcosa bekos; facendo queste ricerche, scoprì che i Frigi chiamavano bekos il pane.

In tal modo gli Egizi, valutando anche in base a questa circostanza, ammisero che i Frigi erano più antichi di loro. A prescindere da tutto, certa è l’altissima considerazione del pane in ambiente greco.

Nell’Odissea così si descrive Polifemo: «Era un mostro gigante, e non somigliava a un uomo mangiatore di pane, ma a un picco selvoso d’eccelsi monti che appare isolato dagli altri». Proprio degli uomini e simbolo della loro condizione sono, dunque, la sua produzione e il suo consumo e ad un greco, Crisippo di Thiana, si deve il primo trattato di panificazione Artopükon (da àrtos, pane e poìco fare, creare), databile attorno al 240 a.C.

Del primato greco fu sostenitore anche Plinio il Vecchio: «Cerere trovò il frumento,mentre prima si viveva di ghiande. Lei stessa insegnò a macinare e fare in Attica e in Sicilia, per questo fu tenuta per dea». Ai Greci si devono, in ogni caso, i primi forni pubblici, ma la cottura avveniva anche sotto la cenere, sulla brace o pietre calde, in un recipiente di terracotta o di metallo; nonché le prime associazioni di panificatori; l’inizio della produzione notturna del pane; la creazione, sempre secondo Crisippo, di 72 diversi tipi del diffusissimo alimento, utilizzando un’ampia gamma di ingredienti, spezie e aromi: latte, olio, miele, pepe, uova, grasso, uva secca, ecc.

Il pane accedeva anche alla dimensione religiosa (in occasione dei Misteri di Dioniso Bassareo si ponevano nella “cista mistica” focacce di sesamo e papavero, focacce a piramide, sferiche, rotonde, forate, grumi di sale, melagrane, rami di fico, nartece, edera, oltre che un serpente) e magica, oltre che alla mitica.